La funzione principale di questa ghiandola consiste nella produzione degli ormoni tiroidei (T4 e T3) fondamentali per il controllo di un corretto metabolismo energetico. La produzione degli ormoni tiroidei da parte della tiroide è sotto il controllo di un altro ormone, che si chiama TSH ( Thyroid Stimulating Hormone), prodotto dall’ipofisi, una piccola ghiandola endocrina localizzata alla base del cranio: quando la concentrazione di ormoni tiroidei nel sangue si riduce, l’ipofisi reagisce secernendo TSH che stimola quindi la tiroide ad aumentare la produzione di ormoni tiroidei fino a riequilibrare il sistema (viceversa quando la concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue aumenta). Le malattie della tiroide si caratterizzano per l’aumento volumetrico della ghiandola e/o per la disfunzione ormonale.
L’aumento di volume della tiroide, sostenuto da crescita eccessiva di tessuto tiroideo (gozzo) può essere diffuso o dovuto alla presenza di noduli, singoli o multipli, di natura benigna o maligna (cancro della tiroide, con una prognosi abitualmente molto buona).
Le cause di disfunzione della tiroide possono essere distinte in due gruppi:
- quelle che causano una ridotta attività della ghiandola (ipotiroidismo)
- quelle che causano un aumento dell’attività (ipertiroidismo o tireotossicosi)
L’ipotiroidismo consiste nella carenza di ormoni tiroidei ed è abitualmente causato dalla tiroidite autoimmune di Hashimoto. Quando l’ipotiroidismo è dovuto ad un’insufficiente funzione della tiroide si definisce “primario” mentre quando è dovuto (molto più raramente) ad un’insufficiente produzione di TSH da parte dell’ipofisi viene definito secondario; la distinzione fra le due forme è facile: nel caso di ipotiroidismo primario il TSH è aumentato mentre è ridotto nel caso di ipotiroidismo secondario. L’ipotiroidismo riguarda il 4-5 % della popolazione italiana, è 5-10 volte più frequente fra le donne e fra le persone con più di 60 anni di età. Molti sono i sintomi che possono far sospettare l’ipotiroidismo quali cute secca, intolleranza al freddo, tendenza all’aumento di peso con aspetto paffuto del volto, stipsi, formicolii, dolori muscolari, bradicardia etc. A lungo termine l’ipotiroidismo provoca danni all’apparato cardio-circolatorio (malattia coronarica, scompenso cardiaco, arteriosclerosi).
L’ipertiroidismo è dovuto all’eccesso di ormoni tiroidei nella circolazione sanguigna causato o da un’eccessiva produzione e secrezione o per un aumentato rilascio da parte della tiroide nel corso di processi infiammatori (tiroidite). Il morbo di Basedow-Graves dovuto alla produzione di anticorpi (contro il recettore per il TSH), che stimolano la tiroide a produrre ormoni tiroidei rappresenta la causa più comune di ipertiroidismo; è abbastanza comune e riguarda circa il 2% della popolazione femminile (0.2% della popolazione maschile). Molteplici sono I sintomi che accompagnano l’ipertiroidismo quali tachicardia (quasi sempre presente), nervosismo, agitazione, insonnia, perdita di peso, fiacchezza, alterazioni delle unghie e dei capelli, dolori e fiacchezza muscolare, osteoporosi, etc. Le conseguenze a lungo termine includono un aumento delle malattie e della mortalità cardio-vascolare e complicazioni a carico dell’osso, inclusa l’osteoporosi.
Le disfunzioni tiroidee subcliniche rappresentano diagnosi di laboratorio che vengono formulate quando i livelli di TSH risultano al di fuori dei valori normali (0.4-4 mIU/L) mentre le concentrazioni ematiche di T3 e T4 sono nella norma. Quando il TSH è al di sopra del range di normalità si parla di ipotiroidismo mentre quando è al di sotto del range di normalità si parla di ipertiroidismo (sub-clinici). La diagnosi è spesso occasionale, sebbene alcuni pazienti possano presentare sintomi di ipo o ipertiroidismo. La prevalenza di ipertiroidismo subclinico è compresa fra lo 0.5-10% mentre quella di ipotiroidismo subclinico è più frequente (4-20%). I dati a sulle conseguenze a lungo termine della disfunzione tiroidea subclinica provengono da studi su popolazioni di età maggiore ai 65 anni ed indicano un incremento della morbidità e mortalità cardio-vascolare, un rischio aumentato per l’osteoporosi ed un possibile legame con la demenza.